La longevità dei parrocchiani di San Cassiano vulgo San Cassan

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Chiesa di San Cassiano vescovo vulgo San Cassan

La longevità dei parrocchiani di San Cassiano vulgo San Cassan

Dove ora s’innalza la Chiesa di San Cassiano sorgeva nei tempi antichissimi un oratorio dedicato a Santa Cecilia, fu solo nel decimo secolo che venne costruita la chiesa parrocchiale dalle nobili famiglie Michieli e Minotto e consacrata a San Cassiano volgarmente chiamato San Cassan.

Della sua antichità fanno ancora testimonianza il campanile dalla caratteristica cella campanaria gotico veneziana e gli stipiti adattati all’odierno portale di stile veneto-bizantino. La chiesa nel Cinquecento era bella: aveva pitture di Antonello da Messina, del vecchio Jacopo Palma e del Tintoretto; sculture di pregiata fattura quattrocentesca e voti di oro e d’argento, ma i suoi preti davano molto a mormorare tanto che il patriarca Lorenzo Priuli nel 1592 decise di fare un’inchiesta. Mandò il suo vicario Bortolo Novello e il primicerio patriarcale Antonio Valenti e l’inchiesta dette un risultato ben più disatroso di quello che si pensava.

Si scoperse che il prete Gregorio Bervich era solito giocar la “bassetta” nelle malvasie della contrada e conviveva con una donna di facili costumi, che Filippo Rodaprimo prete, non voleva confessar che quando voleva, non dava l’olio santo agli infermi et come procurator del Capitolo per sepelir un morto pretendeva almeno tre ducati e nella soa casa praticavano donne di mal fare delle strade di Carampane“, la suburra veneziana. Il sacrestano, invece che attendere alla cura e alla custodia della sacrestia, faceva il fallo con tutte le pinzochere della contrada “et che aveva pratica con la moglie d’un barcariol del traghetto di Santa Sofia“, il prete Alvise Leopardoera sempre ne li magazeni a bevar leatico“, e il pievano Pierantonio Ribetto, vecchio e sordo era così ignorante che non intendeva nemmeno il latino del Messale.

Il patriarca sospese tutti per due anni dal sacerdozio, li condannò a multe che variavano da cinquanta a trenta ducati d’oro e li mandò per un anno a far penitenza nei conventi delle isole di San Michele, allora chiamata “Cavana de Muran“, e di San Cristoforo della Pace che sorgevano poco discoste tra loro fra Venezia e Murano.

Ma se la chiesa di San Cassiano ebbe il suo guaio in quella fine del Cinquecento, la contrada invece un secolo dopo e cioè nel 1694, divenne quasi celebre per una lunga polemica tra il medico modenese Lodovico Testi e il suo celebre collega reggiano Antonio Vallisnieri.

Il Testi, che abitava nella parrocchia di San Cassiano presso la Calle del Teatro Vechio, sosteneva in un suo libro pubblicato a Colonia le “Ragioni fisiche fondate su l’autorità et esperienza che provano l’aria di Venetia intieramente salubre“, mentre il medico reggiano Vallisnieri faceva rilevare “certi suoi sospetti sulla salubrità di Venezia fondata in mezzo delle paludi“. Il Testi ribadiva e per provare le sue asserzioni affermava molti casi di longevità nella sua contrada di San Cassiano, dove su duemilacinquecento persone che vi abitavano vi erano ventitrè vecchi più che ottantenni, tra i quali due che avevano raggiunto, e stavano benone, la bella età di novantacinque anni.

Ma la polemica tra i due medici andando in lungo, finì poi con qualche esagerazione da parte del Testi che lasciò molti dubbiosi e proclivi a malignare ipotesi specialmente quando egli volle affermare che un suo vecchio conoscente di anni ottanta, abitante in Calle dei Boteri, aveva lasciato morente la sua giovane moglie incinta, e un altro “rimasto vedovo dopo li settantasei, prendeva una giovane per consorte, ed essendole nate molte creature, ritrovavasi dell’ultime due, d’una negli anni ottantuno et dell’altra negli anni ottantatre“.

Alle esagerazioni del medico Testi intervenne anche la solita musa popolare, e per qualche tempo si cantò per le strade una canzone di poeta anonimo il cui ritornello ammoniva:

Pute mie stè ben lontan,
No fermave a san Cassan
Dove i veci de ottantani
Ga la forza de vintani:
Passè presto o stè lontan,
No fermeve a san Cassan“. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 21 marzo 1930

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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