Tintoretto, la Pala di Sant’Antonio Abate in Chiesa di San Trovaso e sier Antonio Milledonne

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Jacopo Tintoretto. Le tentazioni di Sant'Antonio Abate. Chiesa di San Trovaso (foto dalla rete, particolare)

Tintoretto, la Pala di Sant’Antonio Abate in Chiesa di San Trovaso e sier Antonio Milledonne

Il Tintoretto fu quanti altri mai pittore bizzarro ed immaginoso. Ne fa fede una sua stupenda pittura, che è nella Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio vulgo San Trovaso. Non dirò, che egli stesso ideasse il concetto, e ne risultasse l’enigma; oppure che glielo ordinasse Antonio Milledonne, il quale eresse l’altare, su cui sta il dipinto, nella cappella a destra dell’altare maggiore illuminata da troppo scarsa luce. Essa pala è quadrilatera, e rappresenta le celebri tentazioni di Sant’Antonio Abate.

È tradizione che l’effigie del santo sia il ritratto del Milledonne. Il santo è seminudo, attorniato da tre donne voluttuose, una delle quali è quasi al suolo sdraiata. Narra l’antica leggenda, che apparivano al pio eremita, per tentarlo, i demoni sotto graziose forme muliebri. Difatti sono bellissime le movenze di queste donne seduttrici. Il santo rivolge la testa al cielo, e sembra chiedere soccorso al Redentore, che gli appare, lo incoraggia e conforta.

Antonio Milledonne fu uomo distintissimo, di casa segretaresca veneziana. Figlio di Giovanni e di Oria di Jacopo Orio patrizio e senatore, nacque il 27 settembre 1522 in contrada di San Trovaso. Segretario di Pregadi nel 1551, fu a Roma con l’ambasciatore Nicolò Da Ponte, e poi con Bernardo Navagero. Nel 1560 fu in Francia con gli stessi ambasciatori. Il Senato poi lo scelse ancora segretario del Da Ponte stesso e di Matteo Dandolo inviati al Concilio di Trento nel 1561. Scrisse la Historia del Concilio, che rimase inedita. Pietro Darduino stese la Vita del Milledonne, stampata nel secolo XVII. Di anni 66 morì al 6 dicembre 1588, e fu sepolto nella cappella suddetta, con breve iscrizione.

La pittura è ricordata dal Ridolfi, dal Sansovino, dalle guide, e dal Cicogna, il quale parla dottamente a lungo del Milledonne, dei pregevoli suoi scritti e del suo senno politico. Narrano i cronisti, che essendo innanzi con gli anni, e perduta l’azione del braccio e della mano per scrivere, chiedesse al Senato di essere posto in riposo. Il Senato gli mandò a dire, che non il fuo braccio e la destra infermi voleva, ma il configlio e la mente di lui; e che restasse al suo ufficio, segretario utile ed ammirato. (1)

(1) Francesco Scipione Fapanni. Bullettino di Arti, Industrie e Curiosità Veneziane. Venezia Tipografia Emiliana 1877

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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