Chiesa di Santa Maria del Carmine vulgo dei Carmini. Monastero di Frati Carmelitani. Monastero secolarizzato
Storia della chiesa e del monastero
Che al tempo, in cui il doge Domenico Michele guerreggiava fortunatamente in Tiro, ed in Palestina, siano stati tradotti i Carmelitani in Venezia da Giovanni Zancarolo nell’anno 1125, mentre faceva dalla Tracia tragitto, e in angusto tempio e romitaggio collocati, lo scrisse, ma non so con qual fondamento, Francesco Mondini Carmelitano in un libretto intitolato Carmelo il favorito.
Più probabile è l’opinione, che la l’Ordine Carmelitano ponesse fede in Venezia verso il fine del secolo XIII, giacché da autentica carta conservata nell’archivio capitolare di Santa Margarita apparisce, aversi i religiosi Carmelitani nell’anno 1286, obbligato a consegnare alla chiesa parrocchiale tutte e intere le oblazioni, che essi ricavar potessero nel giorno festivo, e inoltre a contribuire al piovano, ed ai chierici della stessa due libbre di cera, e quattro d’olio in riconoscimento dello jus parrocchiale; e questo obbligo del monastero fu poi confermato nell’anno 1320, da Giovanni della Rocca vicario generale di tutto l’ordine, il quale dichiarò con pubblico documento, essersi ciò stabilito tra il priore, ed i frati del monastero da una parte, ed il piovano, e capitolo della parrocchiale Chiesa di Santa Margarita dall’altra per l’occasione di fabbricare la Chiesa di Santa Maria dei Carmini di Venezia. Promisero poi nell’anno 1288, gli stessi religiosi del monastero, che se sortisse loro d’aver un cimitero libero per le sepolture, contribuirebbero alla Chiesa di Santa Margarita la metà dei proventi, e delle elemosine, che in grazia d’esse sepolture ricavare potessero.
Eretta dunque la chiesa, e dedicata a Maria Vergine sotto il titolo della di lei gloriosa Assunzione, fu anche decorata nell’anno 1290 da Nicolò IV di indulgenze a chi in certi determinati giorni la visitasse, e poi ricevette la solenne ecclesiastica consacrazione nel giorno 6 di aprile dell’anno 1348, per mano di Marco Morello già priore del convento, ed indi vescovo Domocense, che a maggior decoro della sacra funzione assunse con sé sei altri Vescovi, che lo assistessero.
Passati pochi anni dalla fondazione della chiesa, fu in essa stabilita ad onore della Divina Madre una devota compagnia di femmine vestite del sacro abitino dell’istituto, le quali da Gerardo priore generale dell’ordine furono nell’anno 1300 ammesse in perpetuo alla partecipazione delle pie opere, che ovunque si facessero nell’Ordine del Monte Carmelo.
Da tale radunanza e fama avesse origine in Venezia l’istituto delle terziarie, chiamate volgarmente Pizzochere dei Camini, le quali prima viver solevano separatamente nelle loro case private, e poi si ritirarono nell’anno 1498, a viver unite in una casa, detta Santa Maria della Speranza, donata loro da un buon uomo chiamato Luigi Vielmo.
Altra confraternita dell’uno e dell’altro sesso, sotto la protezione di Maria, fu poi eretta nell’anno 1594, che in breve tempo talmente divenne sorte e di ricchezze e di rendite, che oltre l’avere magnificamente eretto, e adornato nella chiesa l’altare dedicato a Maria del Carmine, innalzò ancora dirimpetto al fianco della chiesa un sontuoso edificio ad uso delle sue devote funzioni.
Molte ed insigni sono le reliquie, che si conservano in questa chiesa, fra le quali queste sono le principali. La testa del vescovo Sant’Uldarico. La testa di una delle compagne di Sant’Orsola, che sorse per equivoco fu detta essere Santa Cordula, di cui si gloriano aver il sacro capo le monache di San Lorenzo di Venezia, e quelle di Santa Maria della Valverde di Mazzorbo. Una coscia di Sant’Eliseo profeta, offerta a questa chiesa da un mercatante per nome Bonaventura Barletta, che l’anno 1325 l’acquistò dal Monastero o priorato di San Lorenzo in Cesarea, fuori delle mura di Ravenna, in cui si dice riposare l’intero corpo del santo profeta. Un osso insigne ed intero di San Simon Stok carmelitano tratto dalla città di Bordeaux e l’anno 1621 donato da Gregorio Canale Veneto priore generale dell’ordine carmelitano.
Né mancano al monastero i suoi pregi. Perciò in esso si celebrò nell’anno 1524, il capitolo generale, in cui Niccolò Audet fu eletto generale, e per ordine di Clemente VII, vi si stabilirono costituzioni per la riforma universale dell’ordine.
Si numerano fra gli alunni di esso Niccolò Audet, e Gregorio Canale generali dell’ordine, e molti vescovi, fra quali Marco Morello prima priore, poi vescovo Domocense, Niccolò Sorbollo vescovo di Scarpanto morto nell’anno 1368. Giacomo vescovo Evellonense, Bonifacio Vescovo Venecopolense, e Giovanni Lombardo Vescovo di Parenzo. A questi, che indubitatamente sortirono dal Sacro Ordine del Carmelo, vi aggiunge il sopraccitato Mondini e altri Vescovi, cioè Tommaso Contarini, e Giacomo Zane Vescovi d’ignota chiesa, Marco Contarini Acivescovo di Corfù, Natale Vescovo di Nona, Lorenzo Laureto Vescovo di Adria, Pietro Vespa Vescovo di Paffo, e finalmente Giovanni Magno Vescovo di Jesolo, che sebbene sotterrato in questa chiesa non fu però giammai ascritto né a questo, né a veruno altro Ordine Regolare. Asserisce altresì il suddetto scrittore, essere stati tratti da questi chiostri Cristoforo, e Dionisio Abbati Ostrovicensi. (1)
Visita della chiesa (1839)
Entrando in chiesa la pala del primo altare alla destra è di Jacopo Tintoretto che si prefisse di contraffare lo stile dello Schiavone. Bernardino Prudenti fece la pala del secondo altare con Santa Teresa ed altri Santi, e Giambattista Cima da Conegliano effigiò in quella del terzo altare la Nascita del Signore. Nel magnifico quarto altare Pace Pace nel 1692 eseguì quella di Nostra Donna in gloria ed un angelo che cala a consolare le anime purganti. L’urna di marmo e di bello e vago disegno, che pende dopo quest’ultimo altare, racchiude le ceneri di Andrea Civran morto nel 1572.
Nell’atrio che mette alla sagrestia si vede sopra la porta destra un buono busto di marmo esprimente il senatore Vincenzo Morosini benefattore del convento, morto nel 1752. Nella sagrestia Jacopo Palma dipinse la tavola dell’altare coll’Annunziazione e quello dei due quadretti laterali all’altare medesimo colla deposizione è bella opera di nostra scuola. Uscendo dall’altare e girando a destra, si vedrà il ritratto dell’anzidetto padre Canturani così benemerito per lo restauro del convento. Giambattista Lambranzi fece i due quadri di che sono rivestite le laterali pareti. Nel maggior vi è il trionfo del Carmelo e nell’opposto vari santi dell’ordine Carmelitano. Il terzo, tra le due finestre, raffigura quando ciascuno di vari ordini religiosi, pretendendo di essere il vero ordine del Carmelo, Nostra Donna, cui s’appellarono, addita quali sono i suoi figli.
Tornando in chiesa la tavola del piccolo altare con Nostra Donna e due angeli è della buona maniera antica. Nella cappella, a fianco della maggiore, Gaspare Diziani fece di buon effetto la pala con Elia nel deserto. Magnifico però per mole e per marmi è il maggiore altare pel quale Ermanno Stroili fece la pala con Nostra Donna. Ambe le pareti di questa cappella principale sono coperte da due quadri. Alla destra il quadro inferiore di Jacopo Palma mostra la Moltiplicazione dei pani e dei pesci, ed il superiore, col Paradiso da un canto e Sant’Elena dall’altro che scopre la croce, è di Gaspare Diziani. Di questo medesimo pennello è all’altra parte il quadro superiore col Serpente nel deserto, mentre l’inferiore col Cadere della manna, è di Marco figlio di Andrea Vicentino. Pria di passare all’altra cappella laterale potranno essere veduti i due organi dipinti da Andrea Schiavone.
Gaspare Diziani nella detta cappella laterale fece la tavola esprimente Santa Anna che educa Maria Vergine e dopo il nobile altare del Crocifisso si trova una piccola cappella il cui altare mostra un lavoro di Jacopo Palma. Nell’altare susseguente Lattanzio Querena fece la pala di Sant’Antonio di Padova, e la tavola del vicino altare con San Nicolò ed i Santi Giambattista, Giorgio e Lucia è opera celebrata di Lorenzo Loth. Il bel quadro seguente, con Nostra Donna addolorata e vari santi è di Alvise dal Friso. Bella non meno è la tavola dell’altro altare di Pietro Liberi: raffigura Sant’Alberto che benedice la croce; ma la migliore pittura di questa chiesa è l’ultimo quadro con San Liberale che fa assolvere dal tiranno due uomini condannati alla morte. La pittura moderna, ricercatrice dei costumi e dei più minuti accessori nelle pitture, avrà materia di studio in così vaga tela. Sull’altare finalmente presso la porta è la tavola collo stesso santo in atto di benedire alcuni infermi, opera non disprezzabile di Andrea Vicentino.
La porta è tutta occupata dal sontuoso deposito, compartito in due ordini, del generale Jacopo Foscarini, morto nel 1602. Vi era nel mezzo, la statua dell’eroe al naturale, e vi si aggiungono due statue rappresentanti la Carità e la Speranza oltre i principali fatti militari operati dal generale in alcuni bassorilievi qua e là distribuiti. Nel fregio in fine sotto al soffitto di questa chiesa vi sono ventiquattro quadri, dodici dall’una parte e dodici dall’altra parte; per la maggior parte opere di Diziani, Lambranzi e Luca Giordano, esprimenti azioni virtuose esercitate dei religiosi carmelitani. Celebre e il campanile di questa chiesa, siccome quello che, essendo inclinato. Venne raddrizzato da Giuseppe Sardi; di che vi è una iscrizione sul campanile medesimo. (2)
Eventi più recenti
Disciolta nel 1810 anche questa comunità, il convento fu abbandonato, ed ora serve in parte ad uso di scuola. (3)
(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).
(2) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).
(3) GIUSEPPE TASSINI. Edifici di Venezia. Distrutti o vòlti ad uso diverso da quello a cui furono in origine destinati. (Reale Tipografia Giovanni Cecchini. Venezia 1885).
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