La famiglia Polo

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Stemma della Famiglia Polo. Famiglie Venete con le loro armi. Biblioteca Estense universitaria

La famiglia Polo

La famiglia Polo, delle antiche veneziane patrizie, derivava dalla Dalmazia e propriamente da Sebenico. Due ne erano i rami in Venezia nel secolo XIII; l’uno abitava nella contrada di San Felice, dalla quale passò poi a San Giovanni Grisostomo; e l’altro abitava a San Geremia. La famiglia dei celebri viaggiatori Nicolò, Matteo e Marco era questa di San Giovanni Grisostomo. Le brevi notizie che la riguardano vengono tratte dalle belle memorie dateci da Emmanuele Cicogna nell’illustrare l’iscrizione posta sulla sepoltura di Nicolò Polo, già esistente nella chiesa di San Lorenzo.

Nicolò e Matteo Polo, figli di Andrea, partirono da Venezia nel 1250 e recatisi a Costantinopoli ed aumentate col traffico le ricchezze andarono nel mar Maggiore. Comperate ivi gioie di gran prezzo fecero vela per Soldadia dove dimorarono fino al 1260 in cui si recarono alla citta di Bolgari, residenza del gran Can dei Tartari occidentali. A lui donarono le gioie portate ed egli li retribuì col doppio del valore di esse. Stettero un anno in quel paese; ma insorta guerra tra quel Can e l’altro di Persia, ovvero dei Tartari orientali, si portarono a Bockara città dell’Asia media, donde nel 1264 si allontanarono, dopo un anno di cammino giunsero a Chemenfù alla corte di Cublai il quale li ricevette con molta cortesia. Ma partiti pure di li nel seguente anno 1266, vennero ad Acri nel 1269 ed alla fine di quell’anno rividero la patria.

Nicolò ebbe trovata la moglie morta che gli aveva lasciato il figliuolo di 19 anni di nome Marco, di cui rimasta era gravida al tempo della partenza del marito. Non più rimasero che due anni in Venezia quei due viaggiatori, e nel 1271, insieme col giovane Marco, partirono di nuovo traversando l’Armenia e giungendo a Chemenfù nel 1275.

Il Cublai li rivide con molto piacere e specialmente il giovane Marco cui venne brevemente esperto nei costumi dei Tartari ed in quattro linguaggi differenti. Divenuti straricchi quei viaggiatori vollero tornare alla patria. Invano l’imperatore tentava adescarli con l’aumento degli emolumenti e delle cariche che, non potendo più resistere alle loro istanze, li onorò di molte commissioni per principi vari fece loro preparare 14 navi ricche di gente e di roba. Cosi i Polo si misero in viaggio dal Cattaio al fine del 1291 od al principio del 1292 e dopo vari giri pervennero a Venezia nel 1295, nessuno più li riconosceva: tanto gli stenti o gli anni gli avevano mutati nel linguaggio e nel volto.

Ed a due differenti aneddoti diede origine il modo del manifestarti dei Poli ai famigliari. Il primo è che recatisi all’abitazione a San Giovanni Crisostomo imbandissero un magnifico banchetto e che al momento del sedere comparissero tutti e tre in gran veste talare di raso chermisi, la quale, dopo lavate le mani, facessero in pezzi e distribuissero ai servitori. Indossato un altro abito di damasco il divisero pure tra i servi, e lo stesso fecero con un altro di velluto sostituendolo al fine con il vestito comunale. Ognuno può credere quanta meraviglia ciò destasse nei circostanti; ma più crebbe la meraviglia allorché essendo levata la mensa Marco Polo prese gli abili sdrusciti coi quali egli, insieme a Nicolò ad a Matteo, giunse a Venezia e scucitili ne trasse fuori copiosissime gemme. Non altro bisognò perché fossero riconosciuti e venerati. Matteo, come più vecchio, innalzato venne a ragguardevole carica, e tutta la gioventù visitava Marco, che per l’esaltare che faceva i milioni del gran Can fu cognominato Marco Milioni, onde il sito della casa dove abitava si appella tuttavia Corte dei Milioni.

Il secondo aneddoto cui diede origine un tale riconoscimento si è che essendosi dato dalla moglie di Matteo ad un povero dei cenciosi vestimenti coi quali i viaggiatori giunsero a Venezia, e nei quali erano cucite le gioie che seco loro avevano trasportate, Marco Polo come ciò seppe, andò sul ponte di Rialto e fingendosi pazzo volgeva una ruota dicendo: El vegnerà se Dio vorrà. Diffati dopo alcuni giorni in mezzo alla folla conobbe il suo vestimento adosso ad uno che si era fermato a vedere la sua pazzia. Avuta quindi da esso la veste e divulgatasi la nuova per la città fu riputato savio e da tutti onorato.

Né il governo per verità faceva poca stima di Marco merce che giunti i Genovesi con 70 galee fino all’isola di Curzola i nostri ne opposero loro altre 90 di una delle quali era Marco comandante sotto gli ordini del capitano generale Andrea Dandolo. Ed avvenuta la mischia, nella quale i Veneziani soccombettero, Dandolo e Marco Polo, sebbene dagli altri abbandonati, continuarono valorosamente a combattere; ma oppressi dal numero, Marco rimase ferito ed entrambi furono fatti prigionieri. Dandolo ne morì di dolore e Marco mandato a Genova (anno 1298) si mise a dettare la relazione dei suoi viaggi a pro di un suo amico che andava ogni giorno a visitarlo nella prigione e che si è pubblicata poi con le stampe col titolo: Del Milione di Marco Polo. Conclusa la pace nell’anno appresso e ricuperata da Marco la libertà torno a Venezia e presa moglie ne ebbe tre figliuole.

Essendogli morto il padre Nicolò, lo fece seppellire nell’anziporta di San Lorenzo dove forse vennero sepolti e Matteo e Marco medesimo. La famiglia Polo si estinse in Marco Polo che nel 1З18 morì essendo castellano di Verona. (1)

(1) Ermolao Paoletti. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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