Ponte de la Dona Onesta sul Rio de la Frescada. Calle de la Dona Onesta – Fondamenta del Forner
Ponte in ghisa; struttura in ghisa, bande in ghisa. Sui fianchi del ponte, sopra l’arco, sono impresse le scritte “FONDERIA LAYET” e “VENEZIA 1871”. (1)
Tre sono le leggende che riguardano questo ponte e che cercano di spiegare il nome di Ponte de la Donna Onesta, nome che risale, come appare da qualche cronaca del tempo, alla prima metà del secolo decimosesto quando sier Zuane Querini notificò nel 1537 di apigionare una casa “in là contrà di san Thomà ad potem vocatum (chiamato) di Donna Onesta“.
Corre una tradizione volgare che due uomini “di nostri populari“, di uno solo dei quali si conosce il nome, tale Jacomo di Campalto, passassero di un giorno di agosto altercando a voce alta sulla fedeltà delle donne. Jacomo asseriva che parecchie di esse sono fedeli, l’altro negava e come beffa, mostrando al compagno una piccola testa femminile scolpita in pietra in una casa accanto al ponte gli disse ridendo: “Varda la sola donna honesta in tutta la terra, eccola là, testa de piera!“. Alcune donne che prendevano il fresco sul ponte, testimoni di quella discussione, udendo la frase pungente, protestarono, e il ponte da quel giorno tra lo scherzo e lo scherno fu chiamato della Donna Onesta.
Una seconda versione a base romantica, e che ricorda nelle sue linee il famoso episodio di Lucrezia romana, racconta che abitava vicino a quel ponte una leggiadra popolana chiamata Caterina, una di quelle bellezze veneziane di allora che Alessandro Caravia descriveva nel suo Naspo bizaro come “Sugo amoroso, ruosa damaschina, carne bianche d’alabastro verzelae, bocheta e vita che par l’onestae, quando la parla, la bala o camina“.
Di questa giovane donna, da un anno appena moglie adorata di un maestro spadaio che aveva officina in casa, si era perdutamente innamorato un patrizio di ca’ Tiepolo di Sant’Apollinare, il quale per poter liberamente entrare nell’abitazione della bella sposa aveva ordinato allo spadaro una di quelle piccole daghe arabescate ed incise, comunemente chiamate in quei tempi misericordie con le quali si finiva il nemico.
Il patrizio andava e veniva col pretesto di consigliare gli arabeschi, gli stemmi e il motto da incidere sulla lama. Caterina fece partecipe il marito di tutto e ottenuta la promessa di essere vandicata, afferrato un pugnale che stava nell’officina con quello si uccise non potendo sopravvivere alla perdita di ciò che aveva di più sacro, il suo onore di donna onesta.
Si dice che il Consiglio dei Dieci, venuto a conoscernza del delitto, condannasse il patrizio ad un bando perpetuo con taglia di ducati trecento a favore di colui che lo avesse ucciso ed arrestato nel territorio di San Marco. Ma si dubita, dice sempre la leggenda, che l’autorità di alcuni patrizi e amici del popolo, gli fosse tre anni dopo concessa la grazia, poiché si legge nel Sanudo che il 15 febbraio del 1539 “fo trovato morto in campo san Thomà uno zovane patricio de ca’ Tiepolo di la contrà di sant’Aponal amazzado con uno fuseto (pugnale) da un maistro spadaro quale era fugito“. Forse il marito della bellissima donna onesta si era vendicato!
Di queste due tradizioni il Fontana in un suo libro sulle denominazioni stradali veneziane ne aggiunge una terza facendo così del Ponte de la Donna Onesta un vero vivaio di leggende, e la terza racconta che abitava accanto a quel ponte una cortigiana molto avvenente, di quelle che nel Cinquecento, verso la metà, si chiamavano cortigiane honorate.
Il suddetto autore afferma che ai piedi del ponte, dalla parte della calle, una breve scala metteva ad una porta, ora ridotta a balcone, e colà abitava la donna onesta e il vicinato un po’ per burla e un po’ anche per satirico impulso chiamò il ponte, il Ponte de la Donna Onesta.
Queste le tre induzioni leggendarie e il lettore e seconda del suo gusto può scegliere quella che più gli aggrada, ma in verità nessuna delle tre la storia accetta perché non confortate da alcune prova e documento che ne attesti la veridicità e il Ponte de la Donna Onesta rimane ancora, storicamente parlando, un mistero per l’origine del suo nome.
Però si dice che “le cose semplici siano le migliori” e potrebbe darsi che non fosse poi tanto lontana dal vero asserire che all’infuori delle fiorite leggende, il ponte abbia ereditato il suo nome da quello proprio di una donna chiamata Onesta, nome che alla fine del Quattro e nella prima metà del Cinquecento era in gran voga a Venezoa.
Si sa che una “Honesta Degolin fo de sier Mario et relita (vedova) de Menego Zottarello“, di famiglia cittadinesca originaria, abitava nella contrada di San Barnaba allora quasi confinante con quella di San Tomà. Nel 1582 la Degolin aveva ereditato dal defunto fratello Francesco “una casa con il suo magazen et uno horto in contrà di San Barnaba” dove era andata ad alloggiare, ma possedeva anche prima altre cinque case, delle quali due in contrada di San Tomà, lasciatele dalla nonna paterna “Honesta Zanero in Degolin“. E forse questa che viveva nel 1532 e che si dice donna caritatevole e religiosa, può aver dato il suo nome di Donna Onesta al nostro ponte abitando una delle sue case situate vicino ad esso.
Sulla fondamenta accanto al Ponte de la Donna Onesta si apre una strada larga chiamata appunto Calle Larga Seconda (ora Calle Gasparo Gozzi), dove si legge sul muro di un’antica casa una iscrizione latina dedicata a Gaspare Gozzi che abitò nella sua prima gioventù in quella casa.
Scrive Nicolò Tommaseo nel ragionamento premesso alle opere del Gozzi pubblicate dal Lemonnier di Firenze nel 1849: “La casa dove Gaspare nacque si ignora, ma a quella, dove aiutò fanciuletto in contrada di san Tomà, fu posta per memoria una iscrizione dell’abate Zenier“. In questa casa il futuro letterato cominciò a studiare e forse qui, più tardi, nella sua cameretta che guardava il Ponte de la Donna Onesta ebbe primo il pensiero di dare alla letteratura periodica la forma e l’aspetto del giornale moderno.
E nacquero così la “Gazzetta Veneta“, “Il Mondo Morale“, “L’Osservatore Veneto“, in cui, esclusa la politica, trovavano posto, oltre gli annunci di ogni genere, le notizie cittadine che il Gozzi narra sempre con una festvità e un garbo impareggiabili. Sovente nelle sue notizie è nominato il Ponte de la Donna Onesta che egli forse aveva a lungo osservato, pensando nella sua fantasia giovanetta alle varie leggende di cui il ponte era oggetto nella tradizione popolare.
Allora il ponte era di pietra, e solo nel 1768 si fecero le bande ai lati, ma un secolo dopo essendo per cadere in rovina si pensò di sostituirlo con uno di ferro e di asfalto così stonati nelle purissime linee dell’architettura veneziana. (2)
(1) ConoscereVenezia
(2) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 21 luglio 1931
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