Ponte Querini, sul Rio de Santa Maria Formosa

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Ponte Querini, sul Rio de Santa Maria Formosa - Castello

Ponte Querini, sul Rio de Santa Maria Formosa. Campiello Querini Stampalia – Calle Querini

Ponte in pietra; struttura in mattoni e pietre, bande in ferro a meandri. Ponte ricostruito nell’anno 1992. (1)

Il Ponte Querini Stampalia, uno dei ponti a cavaliere del canale che divide la parrocchia di San Zaccaria da quella di Santa Maria Formosa, deve il suo nome alla nobile famiglia Querini Stampalia il cui palazzo s’innalza  con una delle sue estremità perpendicolare al ponte.

La famiglia Querini di Santa Maria Formosa, aveva il soprannome di Stampalia perché un Zuane Querini, bandito da Venezia nel 1310 quale partecipe alla famosa congiura di Baiamonte Tiepolo, aveva comperato nell’attuale Dodecaneso la piccola isola di Stampalia che rimase ai suoi discendenti fino al 1537 in cui il pirata Barbarossa, capitano al soldo dei Turchi, si rese padrone di tutte le isole dell’Arcipelago Egeo, il soprannome però rimase alla famiglia patrizia fino alla sua estinzione avvenuta nel 1869 con il conte Giovanni, che venuto a morte il venticinque maggio, lasciava alla città la sua ricca biblioteca e la sua magnifica raccolta di quadri, disponendo che i due lasciti fossero aperti al pubblico nel palazzo di sua proprietà, a Santa Maria Formosa, e che le rendite del suo ingente patrimonio venissero impiegate a conservare e ad accrescere queste due importanti istituzioni cittadine.

Il palazzo Querini Stampalia è più volte ricordato nei Diari di Marin Sanudo per le sue splendide feste e i sontuosi banchetti dati nel Cinquecento, il secolo d’oro della Serenissima, raffigurata allora da Paolo Veronese, nel palazzo dei Doge, in sembianza regale, tra l’oro e le gemme, la porpora e i broccati coronata dalla Gloria, celebrata dalla Fama, circondata dalle Virtù, da Cerere e da Giunone. E ne vide di feste il nostro piccolo ponte come nel maggio 1533, quando sier Agostino Querini Stampalia, eletto signore dei “Cortesi“, una sezione della ricchissima Compagnia della Calza, dette nel suo palazzo una delle più meravigliose feste che si ricordano con l’intervento di sessanta gentildonne, “le prime e le più belle della terra“; come già due anni più tardi quella data in onore del Marchese di Monferrato in cui non solo il palazzo esternamente, maanche il canale, il campiello, il ponte, erano sfarzosamente illuminati a candele sostenute da lampadari di Murano. “Et fo cossa notanda et mirabile“, i tre giorni di festa dati per il matrimonio di Laura Querini con Aurelio Venier della contrada di San Marcuola in cui, dice una lettera dell’ambasciatore fiorentino, “non fu possibile decidere se fossero più belle e originali le danze, più sontuosi e squisiti i banchetti, più superbe e meravigliose le rappresentazioni teatrali“.

Dopo il Cinquecento, il ponte di casa Querini era tanto attuguo al palazzo che pareva quasi un ponte privato, passo un vita tranquilla, i passanti erano rari, poiché nella lunga e stretta calle che costeggia il palazzo, nessuno abitava, e la quiete era sovrana forse interrotta da qualche flebile armonia di “spinetta” o da qualche rara canzone.

Però, caduta la Repubblica, il risveglio del piccolo ponte fu rumoroso, molto rumoroso; “il 30 luglio 1849 gli Austriaci continuavano a bombardare Venezia, morti pochissimi, case colpite parecchie, si fuggiva verso San Marco e Castello dove le palle non arrivavano“. Il colera aumentava sempre, la penuria di pane e farina era spaventevole eppure fra tante sciagure guai a che avesse parlato di capitolazione.

Il patriarca Jacopo Monico, in attesa che fosse terminato il palazzo patriarcale in Piazzetta dei Leoncini, compiuto soltanto nel 1850, aveva preso alloggio nel piano superiore del palazzo Querini Stampalia, mentre nel primo e secondo piano abitava, tra i suoi libri e i suoi quadri, il patrizio Giovanni Querini.

Guai a chi avesse parlato di capitolazione” e fu proprio l’eminete monaco che, con qualche nobile del vecchio patriziato, ebbe la cattiva idea di presentare al Governo provvisorio una istanza per promuovere la capitolazione della città, in preda al colera, al bombardamento, alla carestia. Il popolo, il giorno 3 agosto, conobbe il passo inopportuno e poco felice fatto dal patriarca, insirse, si ribellò e dalla Piazza di San Marco dove era raccolto in folla turbolenta, si avviò a Santa Maria Formosa, invase il campiello e il Ponte Querini, abbattè le porte del palazzo, e visto che il patriarca, era fuggito, cominciò a devastare l’appartamento gettando in canale mobili, libri, oggetti sacri, preziosi ricordi. Accorsero le guardie, ma ormai la devastazione era compiuta, e il canale pieno di rottami ne era una prova, e sul ponte giacevano infranti pezzi di statue, rimasugli di quadri, lembi di stoffa stracciati nel furore della folla arrabbiata.

Il 13 agosto alla Guardia civica raccolta in Piazza e alla folla silenziosa, parlò Daniele Manin per la resistenza e cocluse: “Popolo, soldati, dite sempre questo uomo si è ingannato, ma non dite mai questo uomo ci ha ingannati!” e l’immensa folla proruppe in un formidabile grido: “No, mai!“. Manin commosso da quell’entusiasmo, quasi piangente non potè continuare e dal figlio Giorgio vene allontanato.

Il 24 agosto Venezia cadeva, l’Austria esiliava dalla città quaranta cittadini, sulle tre antenne di San Marco si alzava nuivamente la bandiera degli Asburgo, e nel palazzo Querini rientrava il Monico accompagnato da due ufficiali austriaci.

Al primo piano del palazzo il conte Giovanni viveva tranquillo tra i suoi libri e la sua superba raccolta di quadri, non aveva partecipato alla rivoluzione veneziana, ma l’aveva seguita con simpatia e con interesse e sull’ampio poggiuolo del suo palazzo fu tra i primi ad alzare la bandiera italiana quando nel 1866 antrarono le truppe liberatrici. L’ultimo dei Querini amava Venezia di un grande amore e ala sua città, come dicemmo, lasciò la sua biblioteca e la sua quadreria; la prima ricca di un migliaio di manoscritti, di oltre sessantamila volumi, di tredicimila opuscoli e di notevole quantità di riviste; la seconda, raccolta nelle sale del secondo piano del palazzo conserva nel suo complesso, oltre i numerosi quadri, l’aspetto di un bell’appartamento signorile di casa veneziana del Settecento, allestita con splendidi mobili e con varietà di suppellettili.

Il Ponte Querini fu restaurato parrecchie volte, l’ultima nel 1870; oggi i maggiori passanti per il piccolo ponte sono gli studiosi della biblioteca queriniana, transita nelle sere d’estate qualche coppia amorosa nella calle deserta,ma quasi sempre vi regna la tranquillità e la pace, tatno cara al nobile Giovanni Querini Stampalia, studioso severo e artista nell’anima. (2)

(1) ConoscereVenezia

(2) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 16 novembre 1933

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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