Parrocchia di Santa Maria del Rosario vulgo dei Gesuati

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Chiesa di Santa Maria del Rosario vulgo dei Gesuati - Dorsoduro

Parrocchia di Santa Maria del Rosario vulgo dei Gesuati

Posizione Si stende sopra il tronco orientale di quella frazione di Venezia che giace fra il Canal Grande e il Canale della Giudecca. La punta di questo tronco divide l’acqua della conterminante Laguna in due volumi che riempiono gli alvei dei due summenzionati maggiori Canali, e, attraversata la Città nella sua lunghezza, l’acqua medesima si confonde nuovamente con la Laguna, in cui rientra dalla parte occidentale, dirimpetto al margine del Continente. L’estremità della suddetta punta, forma un’isoletta triangolare che ha per base il Rio di San Gregorio, e al suo vertice la Dogana di mare. Si chiama questa l’Isola della Trinità dal titolo di una Chiesa e convento ivi eretti intorno al secolo XIII, donati dalla Repubblica ai Cavalieri Teutonici in ricompensa del forte braccio da essi ai Veneziani prestato l’anno 1256 nelle guerre contro i Genovesi. Codesta Isoletta porta anche due altre denominazioni, cioè Isola dell’Umiltà, e punta dei Sali. Viene la prima da una Chiesa originariamente dedicata a Santa Maria dell’Umiltà, dappoi demolita, come vedremo a suo luogo; la seconda procede dall’Emporio dei sali ivi costrutto dal 1515 al 1540 tuttora sussistente.

Chiesa

Alcuni religiosi della famiglia stabilita in Siena dal B. Giovanni Colombino, trasferiti in Venezia fondarono l’anno 1592 un Ospizio nel Circondario di Sant’Agnese intitolato Casa della Compagnia dei poveri Gesuati. Nel 1434 eressero ivi un Chiostro con Oratorio dedicato a San Girolamo, dappoi ridotto a piccola Chiesa, sotto gli auspici della Visitazione di Maria Vergine consacrata nel 21 dicembre 1524 da Giovanni Vescovo Tiberiadense. Soppresso nel 1668 da Papa Clemente IX, l’Ordine dei Gesuati, e appresi dal Governo i suoi beni, quel Chiostro venne acquistato dai P. P. Domenicani della Congregazione osservante, che vi si stabilirono l’anno 1669. Troppo angusta riuscendo alla nuova religiosa Famiglia la primitiva Chiesa, altra ne fece innalzare a breve distanza, molto più vasta e maestosa, di cui benedisse la prima pietra il Patriarca Marco Gradenigo nel 17 maggio 1726, dedicandola a Santa Maria del Rosario. La fabbrica del nuovo Tempio fu condotta dall’architetto Giorgio Massari, e compiuta nel 1736, ebbe poscia consacrazione dal Patriarca, Alvise Foscari. In quel torno, fu ampiamente ricostruito anche il Chiostro; ed essendosi segnalati quei Padri per la loro dottrina, ciò persuase il celebre letterato Apostolo Zeno a donare, ancora vivente, a quel Convento la preziosa sua Biblioteca, deposta allora nella primitiva piccola Chiesa dei Gesuati. Per la generale soppressione dei claustrali avvenuta nei primi anni di questo secolo, usciti dal Convento i Domenicani, il Chiostro fu convertito in Orfanotrofio maschile, che raccoglie circa 100 poveri fanciulli, assegnatosi pe loro spirituali esercizi l’antico Oratorio. La Biblioteca donata dal Zeno si concentrò nella Marciana. La Chiesa nuova si eresse in Parrocchiale.

Parrocchia

In seguito alla suaccennata soppressione dei Domenicani fu instituita questa Parrocchia, il cui circondario si compose nel 1810 con quelli delle allora soppresse parrocchie di Sant’Agnese, San Vito e San Gregorio, e con qualche frazione di quello dei Santi Gervasio e Protasio (San Trovaso). La Chiesa conservò il titolo di Santa Maria del Rosario, ma volgarmente si chiama dei Gesuati.

Chiese nel circondario di questa parrocchia attualmente ufficiale

Spirito Santo. Sussidiaria. Maria Caroldo, monaca agostiniana in Santa Catterina di Venezia, uscita da quel chiostro, altro ne fondò dell’Ordine stesso nel sito delle Zattere ove sorge questa chiesa allo Spirito Santo intitolata. Ciò avvenne intorno al 1483. La fondatrice, eletta Abbadessa del novello Cenobio, inquisita per turpi misfatti fu degradata, e altrove reclusa. Fiori nondimeno quel monastero sino alla recente sua soppressione. La chiesa primitiva corrosa dal tempo, venne riedificata nel secolo XVII nella forma che tuttora conserva. Il chiostro, dopo la secolarizzazione, fu aggiunto al vicino Emporio de Sali.

Santa Maria della Salute. Chiesa Sacramentale esente. Sull’area di questo tempio e delle sue adiacenze, sorgeva l’antica chiesa e convento dei Cavalieri Teutonici di cui ho parlato superiormente, sotto il titolo della Santissima Trinità, che diede il suo nome a quella isoletta. Per la morte avvenuta nel 1592 di Pietro Lippomano, ultimo Priore dello stabilimento, Papa Clemente VIII pronunziò la soppressione di quella Casa. Allora Massimiliano Arciduca d’Austria, eletto re di Polonia, Mastro Provinciale dell’Ordine teutonico in Germania e Italia, fece vendita di tutto l’Edificio per ducati 14,000 ai Rettori del Seminario Patriarcale digià eretto in San Cipriano di Murano, che venne perciò trasferito nel 1595 nel locale della Trinità. Il tanto deplorabile contagio che afflisse queste contrade nel 1630, mietendo più di 40.000 abitanti della Capitale, ed oltre 500.000 delle sue Provincie, diede argomento al voto dal Governo innalzato, di erigere sontuoso Tempio a Maria Santissima, tostoché cessato avesse il flagello della pestilenza. Per soddisfare alla sacra promessa, decretò la Repubblica lo sgombramento dei chierici da quel Seminario, onde adeguata al suolo la chiesa e porzione del chiostro, far luogo alla edificazione del nuovo Tempio in rendimento di grazie per l’ottenuta liberazione dal morbo. Nel giorno 1.º Aprile 1631 il Patriarca Giovanni Tiepolo pose la prima pietra del sacro Edificio che fu intitolato a Santa Maria della Salute. Aperto il concorso ai progetti, fu prescelto quello di Baldassare Longhena celebre architetto di quella età, nativo di Venezia, discepolo dello Scamozzi, il quale innalzò la maestosa Basilica che attrae l’ammirazione degli osservatori dovutale se non per la eleganza che distingue i monumenti lasciati da Palladio e da Sansovino a quel tempo mancati a vivi, certamente pel grandioso concepimento, per la splendidezza e profusione delle esterne ed interne decorazioni, e più ancora per l’arditissima cupola che corona il suo centro. Distinguendo tempi e costumi, questo insigne Edificio preso in complesso, può dirsi degno di Roma antica. Tanto poteva ancora Venezia dopo la perdita di Costantinopoli, e del regno di Cipro, dopo sanguinosissime lotte sostenute contro la potenza ottomana, e mentre ardeva tuttavia la guerra di Candia, e a fronte delle stragi esercitate dalla contagiosa influenza! Pure non mancava che un secolo e mezzo al languore che condusse alla tomba si famosa Repubblica. Un milione e duecento-mille travi si conficcarono nel letto del mare per tessere la palafitta subacquea che sostiene la marmorea base di quella gran mole: il colosso torreggiante sopra essa base, cospicuamente si presenta all’osservatore. Tal costruzione richiese l’opera di molti anni, e a compimento condotta, fu consacrata nel giorno 9 novembre 1687 dal Patriarca Luigi Sagredo.

Santissima Trintà. Oratorio privato del Seminario. Questo piccolo sacro edificio incorporato nel Chiostro adiacente alla Chiesa della Salute, serve ai devoti esercizi del chierici del Seminario. Fu dedicato alla SS. Trinità onde serbare qualche rimembranza del titolo dell’antica Chiesa sul cui fondo si eresse il nuovo grandioso Tempio di cui si è parlato. Finissime sculture adornano questo Oratorio, nel quale fu trasferita anche l’urna che racchiude le ceneri di J. Sansovino digià custodite nella ora demolita Chiesa di San Giminiano. Alcuni anni or sono fu tumulata nello stesso la salma del Patriarca Francesco-Maria Milesi benemerito restauratore di questo
stabilimento.

San Giovanni Battista. Oratorio Sacramentale: per i Catecumeni. Sino dal 1557 si eresse in Venezia un Ospizio nella Parrocchia dei santi Ermagora e Fortunato (San Marcuola) a ricovero degli infedeli chiamati da Dio al Cristianesimo. Nel 1570 il Pio istituto fu trasferito nella casa adiacente all’oratorio di cui si parla, alla qual’epoca s’innalzò pure l’oratorio medesimo dedicandolo a San Giovanni Battista. L’Ospizio fu ampliato nell’anno 1727 e in due sezioni diviso, a separata dimora de due sessi. A merito delle zelanti sollecitudini dell’Abate Conte Vincenzo Bianchini prestantissimo Rettore attuale di questo pio istituto vi furono di recente introdotte le Suore della Carità per l’assistenza delle femmine ivi raccolte.

Visitazione Maria Vergine. Oratorio sacramentale. Questa è l’antica piccola Chiesa dei Gesuati di cui si è detto, ora destinata ai religiosi esercizi degli Orfani nell’Ospizio adiacente ricoverati.

Oratorio Sacramentale delle Scuole di Carità. I Nobili fratelli Conti Cavanis benemeriti piissimi sacerdoti fondarono da pochi anni una sacra Congregazione sotto gli auspici di San Giuseppe Calassanzio, essenzialmente dedicata alla educazione della povera gioventù. Questa pia casa racchiude il suo particolare Oratorio, ma onde renderlo più spazioso ed atto alla pubblica ufficiatura, i fondatori si occupano attualmente della restaurazione della vicina Chiesa di Sant’Agnese, antica parrocchiale secolarizzata nel 1810.

Scuola Maggiore. Oratorio. Era una volta ufficiato dai direttori delle scuole per la dottrina cristiana: soppressa quella pia unione, viene attualmente di tempo in tempo frequentato da alcuni devoti.

Chiese secolarizzate

Sant’Agnese già Parrocchiale. Soppressa nel 1810 la Parrocchia, e secolarizzata la Chiesa, questa fu poi consegnata ai Sacerdoti Co: Cavanis de quali ho parlato, che si accinsero a restaurarla per convertirla in Oratorio della Congregazione da essi fondata, sicchè fra poco potrà anno verarsi fra le chiese uſficiate. La primitiva erezione del Tempio rimonta al secolo XI. Distrutto dall’incendio del 1105 fu poi rialzato, ed ebbe consacrazione li 15 giugno 1321 dai tre Vescovi di Caorle, Equilio, e Chioggia.

Santi Vito e Modesto già Parrocchiale. Nel 1808 soppressa questa Parrocchia, la Chiesa fu poi demolita. La sua erezione rimontava all’anno 912, le Famiglie Magno, e Vido, e forse anche la Balbi concorsero al relativo dispendio. Nel 1310 e 1315 ebbe radicale ristauro, nella quale circostanza si decorò la sua Porta con gli stipiti che ornavano quella della Casa di Bajamonte Tiepolo, demolita in quel tempo, in pena della congiura da lui tramata contro il Governo.

San Gregorio già Parrocchiale. Si hanno memorie della esistenza di questa Chiesa, che rimontano all’anno 897. Verso il 1140 fu posta sotto la giurisdizione de Monaci benedettini stabiliti in S. Ilario sulla sponda del Brenta presso il Villaggio di Gambarare, Cenobio di cui ho detto. Distrutta quella rinomata Abbazia nel 1247 da Ezzelino Signore di Padova, i Monaci si ritirarono in Venezia presso la suaccennata lor Chiesa. Scaduta dopo il giro di molti anni quella claustrale famiglia, l’Abbazia di San Gregorio fu trasformata in Commenda di cui venne investito nel 1455 Bartolammeo Paruta primo Abate commendatario. Egli la restaurò e fece riedificare la maggior Cappella che tuttora presenta le tracce dell’architettura di quella età. Soppressa più tardi anche l’Abbazia, la Chiesa fu instituita Parrocchiale nell’anno 1775: in questa condizione rimase sino al 1808, alla qual’epoca secolarizzata, divenne officina ad uso di questa Zecca.

Scuola dello Spirito Santo . Era ufficiata da una Confraternita, ora soppressa, stabilita presso la Chiesa sussidiaria che porta lo stesso titolo, di cui ho fatto cenno superiormente. Ora è appendice dei Magazzini del Sale.

Incurabili . Alcune pie donne esortate da San Gaetano Thiene (oriundo di Vicenza) fondatore del Chierici regolari, si accinsero nell’anno 1522 all’erezione di un Ospitale per la cura degli infermi di malattie veneree, a que tempi riputate incurabili, titolo assegnato al Pio Luogo costruito sulla sponda del Canale della Giudecca detta le Zattere. Oltre i malati d’ambo i sessi, s’introdussero in quest’Ospizio anche Orfani ed Orfane, alla direzione de quali venne preposto il Beato Girolamo Miani. Molti benefattori concorsero a promuovere il ben essere del nuovo stabilimento, e fra gli altri San Francesco Saverio della compagnia di Gesù. La floridezza della Pia Casa permise di renderla molto più vasta, e pare che nell’ampliazione del fabbricato avesse parte che il celebre architetto Antonio da Ponte, il quale sappiamo con sicurezza aver condotto il magnifico ingresso principale. Anche il piccolo oratorio che vi era annesso venne ricostruito nel 1556 con modello di J. Sansovino, ed a spese, per la massima parte, di Antonio Zantani; nella quale riedificazione, l’architetto diede alla nuova Chiesa la forma ovale, e vi praticò tutte quelle operazioni che tendevano a renderla armonica, affinchè riuscisse corrispondente all’oggetto del musicali esercizi nei quali venivano instituite le figlie in quell’orfanotrofio raccolte. Compiuta la fabbrica, la chiesa fu decorata di preziose pitture, poi consacrata nel 25 novembre 1600 per mano di Raffaello Inviziato vescovo del Zante dedicandola al SS. Salvatore. Le Orfane di questo stabilimento, come quelle di alcuni altri sparsi per la Città, solevano segnalarsi nella musica istrumentale e vocale; celebri Maestri solevano essere prescelti per la loro istruzione. Per il nuovo ordine di cose introdotto nell’anno 1807, l’edificio Incurabili fu destinato ad accogliere ogni sorta d’infermi d’ambo i sessi, nel medesimo concentrando tutti quelli che soleano curarsi in piccoli ospitali qua e là fondati. Nell’anno 1819 l’amministrazione municipale consegnò questo stabilimento al militare e ne ebbe in cambio il già secolarizzato Convento dei Santi Giovanni e Paolo, nel quale, con l’aggiunta di varie adiacenze, fu allora stabilito l’ospitale civile vasto e magnifico di cui ho parlato. L’amministrazione militare posta in possesso dell’Edificio lo ridusse a Caserma, e per aprire nel suo interno un ampio cortile, fece atterrare la Chiesa, di cui ho detto.

Chiesa e Convento dell’Umiltà. I Cavalieri Teutonici stanziati, come abbiamo veduto, presso la Santissima Trinità, possedevano nell’isola stessa un’altra Chiesa intitolata a Santa Maria dell’Umiltà, la quale sorgeva presso il Ponte, sulla linea delle Zattere, tuttora chiamato dell’Umiltà. Il sacro edifizio fu conceduto nel 1550 ai P. P. Gesuiti che vi aggiunsero un Collegio e rifabbricarono la Chiesa, consacrata nel 1589 sotto il titolo della Visitazione di Maria Vergine. Le censure ecclesiastiche lanciate da Paolo V, contro la Repubblica, determinarono i Gesuiti, nel 1606, ad abbandonare Venezia, per la qual cosa il loro chiostro rimasto libero, fu dal Governo donato nel 1615 alle monache benedettine allora collocate nell’isola di S. Servilio, le quali l’occuparono sino alla concentrazione decretata dal Governo Italiano nel 1806. Ma ripigliando il discorso dei Gesuiti, come furono appianate le controversie fra la Repubblica e la Santa Sede, essi ottennero di ritornare in questa Città, dove più non trovando il primitivo Collegio, si stabilirono nel già soppresso Convento de P. P. Crociferi presso la Chiesa di Santa Maria Assunta, vasto Edificio acquistato nel 1657 coll’esborso di ducati 50.000. Demoliti nel 1824 la Chiesa dell’Umiltà ed il suo chiostro, quell’area fu incorporata al giardino dell’adiacente Seminario Patriarcale accennato disopra, e di cui prendo più estesamente a parlare,

Località meritevoli di particolare menzione.

Seminario Patriarcale. Nell’anno 1577 decretò il Senato la istituzione di un Seminario pe Chierici destinati alla ufficiatura della Basilica di San Marco (Cappella ducale) stabilimento eretto allora nel già soppresso convento del Santi Filippo e Giacomo, e sancito nel 1579 con bolla di Papa Gregorio XIII, detto perciò Seminario Gregoriano. Assegnato dappoi quel locale a residenza del Primicerio della suddetta Basilica, il Seminario Gregoriano o ducale, fu trasferito nel 1591 in un quarto dell’Ospitale di San Nicolò di Castello, e affidato alla direzione de Chierici regolari Somaschi, in alcune case addiacenti alloggiati. Verso quel tempo il Patriarca di Venezia Giovanni Trevisan, seguendo i dettami del sacro Concilio di Trento, institui un Seminario pe Chierici di tutta la diocesi, separatamente dal ducale summentovato, e lo collocò nel Chiostro di San Cipriano nell’isola di Murano. Quando poi nel 1594 soppressa la Casa del Cavalieri Teutonici alla Trinità, fu venduto il loro convento, come ho accennato parlando del Tempio della Salute, allora il Seminario Patriarcale passò da San Cipriano alla Trinità; ma l’altro, cioè il ducale, continuò rimanere presso San Nicolò di Castello. Così procedettero le cose sino al 1630, alla qual’epoca, come abbiamo veduto, lo stabile della Trinità si acquistò dal Governo per innalzare su quello spazio il nuovo Tempio votivo a Santa Maria della Salute, conseguentemente alla quale disposizione il Seminario Patriarcale venne ripristinato in San Cipriano. Nel 1807 avendosi demolito il caseggiato necessario per compor l’area del Pubblici Giardini a Castello, fu atterrato anche l’Ospitale di S. Nicolò che in quell’isola appunto sorgeva; tolta quindi la stanza al Seminario ducale, fu il medesimo concentrato nel Patriarcale a San Cipriano. Ridotti perciò que due stabilimenti ad uno solo, continuò questo a rimanere in quell’isola sino al 1818, nel quale anno venne definitivamente traslocato nel Chiostro della Salate. Quanto poi a detto Chiostro, sgombrato già come ho detto nel 1630 dai Chierici, e demolito in qualche parte onde far luogo al nuovo Tempio, consegnato venne nel 1656 in unione al Tempio medesimo ai P. P. Sommaschi dapprima domiciliati a Castello, i quali, intorno al 1670, diedero mano alla sua riedificazione con modello dello stesso Longhena architetto del Tempio suddetto, che lo condusse all’attuale sua bella forma: que Padri vi aprirono un Collegio di educazione, conservando però anche la direzione de due Seminari Ducale e Patriarcale. Decretata dal cessato Governo Italiano ne primi anni di questo secolo la soppressione degli ordini regolari, il convento dei Sommaschi divenne proprietà dello Stato, il quale lo ritenne sino a che, per Sovranna Risoluzione dell’anno 1817 fu consegnato al clero secolare per trasferirvi il Seminario digià concentrato a San Cipriano. Il Patriarca d’allora Francesco Maria Milesi, l’abate Gio: Antonio Moschini Prefetto degli studi, e l’abate Pietro Seffer entrambi poscia insigniti del canonicato, acquistarono tutti e tre giusto titolo alla pubblica riconoscenza per le zelanti loro sollecitudini adoperate nell’addattamento, e nella decorazione di questo Edificio. Si disposero nel suo vestibolo molti preziosi monumenti da varie Chiese secolarizzate raccolti, e che forse senza tali cure sarebbero perduti, i quali rammentano egregie azioni di storia patria, e chiari nomi di veneziani che in guerra e in pace si segnalarono. Figura fra que Monumenti anche quello di Taddeo Volpe rinomatissimo Capitano al servizio della Repubblica Veneta, digià eretto in di lui onore da quel Governo nella ora secolarizzata Chiesa di San Marina. Stanno appese presso il monumento medesimo le chiavi della Città di Padova da esso Volpe valorosissimamente riconquistate nel 17 luglio 1509 scacciandone la guarnigione dell’imp. Massimiliano che avea presa la piazza all’epoca della Lega di Cambrai. Marmorea elegante iscrizione dalle rovine della demolita Chiesa dei P. P. Serviti salvata, serba nel Chiostro medesimo onorevole memoria delli Cristoforo e Simeone Quadri celebri nelle Lettere e nelle Scienze. Una copiosa biblioteca nel Seminario stesso venne fondata, ormai giunta ad annoverare oltre trentamille volumi. Vi si raccolsero ancora molte pitture di rinomati maestri, colle quali si è creata una scelta pinacoteca, in questi ultimi anni arricchita dalla preziosissima collezione, donata in morte dal fu Generale Manfredini. Collocato lo stabilimento sotto i religiosi sapienti auspici dell’Eminentissimo Cardinale Patriarca di Venezia, e provveduto di dotti Professori, luminosamente fiorisce, contando circa cento alunni che formano decoroso nucleo del veneto clero. Non occorre far cenno della Casa de Catecumeni delle Scuole di Carità, dell’Orfanotrofio maschile e della Caserma Incurabili, avendo superiormente parlato di questi quattro stabilimenti.

Magazzini del Sale. I locali situati fra il Seminario e la dogana si eressero nel secolo XIV ad uso di deposito del sale. L’edificio però essendo in sufficiente al bisogno, si costruirono in questi ultimi tempi altri locali all’oggetto medesimo destinati, e che sorgono sulla fondamenta chiamata le Zattere, ne dintorni della Chiesa sussidiaria dello Spirito Santo, di cui ho parlato.

Dogana di Mare. Sull’orlo della punta dell’isoletta della Trinità disopra descritta, sorge maestosa la Dogana di mare, costrutta nel 1682 dall’architetto Giuseppe Bennoni, la quale per la sua euritmia opportunamente adattata a quel sito produce ottimo effetto. Fu intitolata dogana di mare, attesochè ai tempi della cessata Repubblica serviva allo scarico delle merci procedenti per via marittima. Quelle poi che venivano dal continente, avevano apposito approdo alla dogana di terra sulla riva del vino presso San Silvestro, ove attualmente sorge il nuovo Edificio costruito per la residenza della Direzione del Lotto.

Le Zattere. Quella spaziosa sponda del Canale della Giudecca lunga oltre mezzo miglio, che in linea quasi retta procede dalla punta della dogana sino presso il sito ov’era la demolita Chiesa di San Basilio, scorrendo per la costa meridionale delle due Parrocchie Santa Maria del Rosario (Gesuati) e Santi Gervasio e Protasio (San Trovaso) porta il nome di Zattere. Sembra cosi chiamata dall’uso in parte tuttavia conservato, di dare ivi approdo alle zattere di legname da fabbrica che scendendo dai monti del bellunese e per il vicentino, vengono trasportate a Venezia per la via fluviale del Piave e del Brenta.

Casa di Apostolo Zeno. Verso la metà della via detta le Zattere, e precisamente poco lunge dal Ponte della Calcina sorge modesta casa al civico N.° 782, digià abitazione del rinomatissimo letterato Apostolo Zeno. Una lapide affissa alla muraglia sopra la maggior porta ricorda il nome di quell’insigne veneziano.

Palazzi. 1.° Dario, ora Zichy. Elegante edificio dello stile de Lombardi. Giovanni Dario lo fece erigere: il suo nome è scolpito sulla facciata: la quale è ricca d’intarsiature di marmi finissimi. 2.° Venier. Di questo edificio non sorge altro che il basamento, da cui si conosce l’idea di un grande progetto che rimase sospeso. L’illustre famiglia di questo nome, coeva all’origine di Venezia, abita que due Palazzi sul Canal grande che si trovano in connessione, ai quali poi venne aggiunto l’altro, gia proprietà Barbarigo, che estende un fianco sul Campo di S. Vio. L’adiacente Giardino ha un ingresso decorato con gli stipiti che ornavano la porta della Chiesa dei Santi Vito e Modesto demolita al principio di questo secolo, stipiti che appartenevano, come ho detto a suo luogo, all’abitazione di Bajamonte Tiepolo, atterrata nel 1310 per la di lui fellonia. 3.° Loredano, ora Esterhazy. Abitava questo Palazzo un ramo della Patrizia famiglia Loredan, la quale fra i suoi chiari e valorosi antenati conta tre dogi Leonardo, Pietro, e Francesco. Resse il primo con animo forte il timone dello stato nella grande catastrofe suscitata dalla famosa Lega di Cambray che versò contro Venezia le armi di tutta Italia congiunte a quelle di Francia, Spagna, e Alemagna. Egli appunto co più energici discorsi animò la Patria ad eroica resistenza contro la moltitudine delle falangi nemiche, anzi onde congiungere i fatti alle parole, inviò i propri figli, seguiti da splendida schiera di 300 Patrizi, alla difesa di Padova assediata, con breccia aperta, dall’Imperatore Massimiliano alla cima di centomila guerrieri. Il secondo seppe adoprare la più segnalata desterità per sostenere il decoro della Repubblica nelle gravissime controversie fra essa e Papa Paolo V e poi ebbe il merito d’infondere alla nazione la più gagliarda intrepidezza onde affrontare e sostenere la lotta contro la potenza ottomana scagliatasi alla conquista del Regno di Cipro. Il terzo, quantunque all’epoca di sua esaltazione al trono (anno 1752) trovasse lo stato nella decadenza ravvolto, cui tante sanguinosissime guerre l’avevano ridotto, pur seppe con savia politica mantenerlo in perfetta calma, e conservarne la dignità. 4.° Balbi-Valier. Appartiene questo Palazzo a famiglia che per cospicua eredità unisce due chiari nomi del veneto patriziato. I Balbi digià Tribuni nei primi secoli di Venezia, forse procedono dalla romana stirpe che diede l’eroe Balbo la cui statua equestre, prezioso antico lavoro, venne escavata fra i ruderi dell’Ercolano. Tribunizia del pari fu la prosapia Valier, da cui scesero due Dogi Bertucci, padre, Silvestro, figlio, marito della celebre e pia Elisabetta Quirini, ultima fra le dogaresse pomposamente insignita della corona. L’esempio nobilissimo seguitando della regina Artemisia, Elisabetta fece innalzare maestoso colossal monumento nel tempio dei Santi Giovanni e Paolo nel quale si ammirano fra ricchi ornamenti le statue di Essa, dello Sposo, e del Suocero nel loro ducali paludamenti. Regnante il primo, Bertucci, agitavasi la tanto famosa guerra di Candia, motivo per cui fu scolpita sulla base del monumento la segnalata vittoria ai Dardanelli riportata dal generalissimo Lorenzo Marcello, che nel bollor dell’azione, dal cannone atterrato, lasciò la gloria di coglier l’intera palma di quel sanguinoso conflitto all’Ammiraglio Lazzaro Mocenigo, il quale sebbene da freccia colpito avesse perduto un occhio, sostenne in trepidamente il comando sino alla totale disfatta della flotta ottomana, che perdette in quel giorno 10.000 morti, 5.000 prigionieri, e 84 grossi navigli. Ciò avvenne l’anno 1656 ricorrendo la festività dei Santi Giovanni e Paolo, nel tempio dei quali appunto fu poi innalzato il monumento Valier che ricorda quella grande battaglia. Il figlio, Silvestro, sedeva in trono quando la Repubblica strinse lega con Russia, Austria, e Polonia per fiaccare l’orgoglio ottomano, e, Lui Doge, diede Venezia esperti costruttori navali allo Czar Pietro il grande, come altri digià ne aveva prestati ad Enrico VIII re d’Inghilterra, a Sigismondo re di Polonia, ed a Gustavo I di Svezia. 5.° Manzoni. Apparteneva ad illustre famiglia di questo nome. L’esterno prospetto dell’Edificio è riccamente intonacato di fini marmi. 6.° Brandolini. Dalla principesca Casa di Brandeburgo venne quel Brando, il quale è fama pugnasse in Italia sotto gli ordini di Belisario. I discendenti di lui chiamati Brandolini, prestato avendo braccio forte alla Repubblica nelle guerre contro i duchi di Milano, furono ricompensati con feudi e con la nobiltà veneziana.

Feste veneziane

Festa dei Santi Vito e Modesto. La festività di questi due Santi ricorreva nel 15 giugno, giorno nel quale, l’anno 1310, si manifestò la congiuratramata da Baiamonte Tiepolo di concerto con Marco Quirini, di cui ho parlato. Repressa all’istante la ribellione, e salva cosi la esistenza politica del Governo, volle questo mostrarsi riconoscente verso i celesti protettori sotto gli auspicii dei quali era uscito felicemente dalla minacciata catastrofe. Quindi fu decretato, che ogni anno si festeggiasse il giorno dell’avvenimento, visitando il Doge col suo corteggio la Chiesa di quei due Santi. Codesta religiosa cerimonia venne costantemente praticata sino ulia caduta della Repubblica, anzi onde renderla più magnifica soleva il Doge invitare nel giorno stesso a pubblico banchetto nel ducale Palazzo le primarie Magistrature assieme al corpo diplomatico.

Festa di Santa Maria della Salute. Morto Vincenzo Gonzaga duca di Mantova, scoppiò la guerra di successione a quel Principato, per cui, intorno all’anno 1627 scesero nell’Italia numerose falangi spagnuole, francesi, e alemanne che diffusero con le stragi delle armi anche la pestilenza, le provincie venete infette dal contagio lo comunicarono alla capitale, ove dal principio del 1630 alla fine del 1631 si annoverarono circa 40.000 vittime da quel morbo rapite, oltre mezzo milione d’abitanti dalla stessa calamità nel veneto continente colpiti. Rivoltasi la Repubblica al Cielo per far cessare tanto flagello votò la erezione di sontuoso Tempio a Santa Maria della Salute. Ottenuta la grazia, il Doge con i Magistrati, e con le religiose corporazioni, e con innumerabile seguito di tutte le classi della popolazione, celebrato il divino ufficio nella Basilica di San Marco, si diresse processionalmente all’isola della Trinità prescelta per l’erezione del Tempio a soddisfacimento del voto. A tal’uopo si decorarono maestosamente la Basilica, la Piazza e le adiacenti Contrade, si gettò un Ponte di barche sul Canal Grande e il devoto consesso si trasferi alla designata località, ove s’innalzò provvisorio magnifico altare per servire alla sacra cerimonia di quel giorno, celebrata nel 28 novembre 1631. Furono contemporaneamente invitati gli architetti d’ogni paese ad esibire progetti, per la chiesa da erigersi stabilmente, fra i quali fu prescelto quello del veneziano Baldassare Longhena, sul cui modello venne costrutto il famoso Tempio di Santa Maria della Salute superiormente descritto. In pari tempo usci decreto che ogni anno, ricorrendo la festa della Purificazione di Maria Vergine il Doge con la Signoria visitassero quel Santuario per confermare la riconoscenza della nazione liberata dalla mortifera contagiosa influenza; devota dimostrazione costantemente mantenuta dalla Repubblica e da tutti i Governi alla medesima succeduti, e tuttavia praticata. La grande affluenza del popolo cagionato avendo talvolta qualche sventura, fu provveduto in questi ultimi tempi che a maggior comodo dei concorrenti, invece di uno, due ponti di barche si gettino ogni anno per la suddetta festività, i quali attraversando in quel sito il Canal Grande, servono l’uno all’andata, l’altro al ritorno dei transeunti. (1)

(1) ANTONIO QUADRI. Descrizione topografica di Venezia e delle adiacenti lagune. Tipografia Giovanni Cecchini (Venezia, 1844)

Parrocchia di Santa Maria del Rosario vulgo dei Gesuati dall’Iconografia delle trenta Parrocchie – Pubblicata da Giovanni Battista Paganuzzi. Venezia 1821

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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