La “puta cantarina” e sier Lunardo Loredan
Si legge nel codice 183, classe VII della Marciana: “1676. Lunardo Loredan q. ser Francesco fu trovato morto in un battello al ponte de ca’ Gozzi, alli Gesuiti, in notte scura e piovosa. Fu detto che, sorpreso da un accidente nell’ascendere il ponte cadesse a basso, e dando nella testa sul battello, si accoppasse. Altri dicono che, andando da una putta cantarina, che manteneva, li parenti honorati l’havessero getato giù di quel ponte dopo havergli dato un colpo di bastone in la testa“.
Leonardo Loredan apparteneva alla linea di San Stefano che si estinse nel 1750 in un Andrea, e la versione della “cantarina” sulla morte del Loredan non sembra da escludersi poiché negli Atti Criminali della Quarantia del 1676, si trova che un tale Manuzzi fu arrestato per sospetti gravi, ma poi liberato perché nulla confessò “zercha la morte di ser Loredan alli Gesuiti“. Il Manuzzi, “homo de anni 50“, dovrebbe essere il padre della putta che era appunto una Manuzzi, che cantava nei cori al teatro di “Calle de la Testa” ai Santi Giovanni e Paolo.
La morte del Loredan destò a Venezia un certo rumore perché uomo elegante, dedito ai sollazzi e conosciuto come la bettonica; ma il mistero in cui rimase avvolta fu per alcuni esca nel dipingere a neri colori la storia della Serenissima.
Infatti nel codice suddetto si legge ancora: “Dissero questa morte opera degli Inquisitori di Stato, come lo scrisse il Lamelotto nel suo Governo di Venezia“.
Il povero cronista, che raccoglieva e non vagliava, accenna al famoso libello storico del francese Amelot de la Houssaye, di cui più tardi, in un sua “Confutazione“, il Casanova diceva, con frase felice, esserci più menzogne che parole. (1)
(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 2 luglio 1924.
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