Le pene inflitte a cinque giovani patrizi veneziani ladri e assassini, nel 1513
Scrive il Sanudo nei suoi Diari che la notte del 3 luglio 1513 furono arrestati, come autori di furti, sier Sebastian Bolani qu. sier Marco, e sier Lorenzo Polani di sier Bernardino che era già stato arrestato con la stessa accusa, mentre sier Alessandro Navagier di sier Michiel riusciva a fuggire, sicchè era un gran mormorare per tutta la città per “questi nostri zentilhomeni che vanno robando“.
Due mesi dopo, la notte del 30 agosto, furono arrestati a “San Marzilian in caxa de na putana“, dopo una furiosa lotta con gli sbirri, i nobili sier Baldisera da Molin qu. sier Nadalin, il quale era già stato condannato in contumacia all’impiccagione quale ladro e assassino, sier Alessandro Navagier di sier Michiel, fuggito all’arresto due mesi prima, e due popolani Vincenzo e Agostino fìgli di Antonio da la Seda priore al Lazareto, detti Contarini perché “la madre è da chà Contarina“.
Condotti nella Sala dei Tornenti ai quattro furono dati 4 scassi di corda per ciascuno, ma non confessarono, e allora il Consiglio dei Dieci ricorse alle testimonianze di coloro che erano in qualche modo coinvolti in questi eventi. Fu sentito sier Sebastian Bolani, arrestato due mesi prima, e condannato dai Signori di Notte a 10 anni di confine, il quale li accusò di essere tutti ladri, ricettatori e assassini. Sier Antonio Dolfìn qu. sier Domenego, che stava confinato a Cipro, con un salvacondotto di un mese, venne a Venezia per testimoniare e per raccontare molte verità sui furti e sugli assassini commessi da questi criminali “gentilhomini“. Venne sentito anche Sier Geronimo Michiel di sier Nicolò, già bandito per bestemmie, anche lui fornito di un salvacondotto, il quale accusò gli imputati dell’omicidio di una donna di Cannaregio.
Nel pomeriggio del 20 settembre si riunì il Consiglio dei Dieci fino alla due di notte per giudicare i nobili accusati dei furti. Lorenzo Polani, per aver rubato, venne condannato ad essere impiccato in mezzo alle colonne. Baldisera da Molin dalla Madalena, il quale era già stato condannato per ladronecci e assassinamenti, e Alessandro Navagier vennero condannati ad essere “descopai (un colpo di mazza sulla nuca) e squartadi“. Vicenzo e Agostino detti Contarini vennero condannati anche loro ad essere “descopadi e squartadi“. Cornelio Michiel figlio naturale di sier Jacopo da San Canzian, il quale si trovava per combinazione nella casa di San Marzilian, quando vennero presi gli altri, venne liberato, e un altro chiamato Andriol Stella non fu giudicato, per esser prete di prima tonsura, ma dopo che sarà “sgradato” (spretato) sarà fatto morir allo stesso modo. Dopo avere giudicato i cinque delinquenti, sier Orsato Giustinian avogador e sier Anzolo Trevisan Capo dei Dieci, giusto il solito, andarono alle prigioni a comunicare la sentenza, allora Alessandro Navagier domandò: “Che morte signori?” l’avogador rispose: “Squartadi, e vui Polani apicato“. Disse il Navagier: “E come squartadi?“, rispose il Capo dei Dieci: “Sarete descopadi“, allora tutti i condannati rìmaseno come morti. La condanna venne poi pubblicata sulle scale di San Marco e di Rialto (a).
La mattina del 22 settembre fu ritrovano un foglietto, con dei versi, affisso alla porta del Palazzo Ducale in lode della giustizia della Serenissima, il quale breve riportava la notizia della condanna dei nobili e del grandissimo piacere con il quale venne accolta la sentenza da parte del popolo veneziano. I versi erano questi: “Publicha res veneta haec felix semperque futura. legibus, imperio, praeside justitia“.
Nello stesso giorno, “dopo disnar a l’hora solita”, venne data esecuzione alla sentenza contro i giovani patrizi. Al suono della campana del Malifizio (o dei Giustiziati) uscirono dal Palazzo Ducale molti zaffi (guardie) a capitani, seguiti dai confratelli della Scuola di San Fantin e dai cinque condannati. C’era molta gente in Piazzetta San Marco, i cinque, “tutti in camisa, con la tela negra solita sola, e discalzi, e soffioni in testa, li qual andando per la piaza in mezo de frati che li confortava“, andavano alla forca baciando tutti quelli che conoscevono dicendo: “Stè con Dio, pregè Dio per nui“. Il Navagier disse poche parole pregando tutti che lo perdonassero; fu descopado e posto sotto una stuoia. Vincenzo detto Contarini parlò molto, poi venne descopato e coperto. Agostino suo fratello, giovane di 18 anni, era come morto, disse poco e anche lui fu descopato e coperto. Il quarto, il Molin, che era un grande e bel giovane, disse alcune parole, poi gli venne data la mannaia dietro la nuca, e cadde a terra, e poi il boia, credendo che fosse morto, andò sulla forca a impiccare il Polani, nel mentre impiccava questo il Molin, che non era ancora morto, si voltò a guardare il compagno che veniva impiccato, allora il boia lo colpì nuovamente con la mannaia. Alla fine i quattro descopati furono anche squartati in quattro parti e ogni quarto posto sopra le quattro solite forche di questa terra, mentre il Polani venne mandato a seppelire all’Anzolo Rafael. Compiuta questa giustizia, tutti furono soddisfatti, ma si dolsero della morte di questi giovani. (1)
(a) I bandi e i decreti della Repubblica si chiudevano con questa frase: “sia proclamato sulle scale di San Marco e di Rialto“. Le leggi infatti si pubblicavano dal Comandador prima su quel tronco di colonna di porfido, che sorge a un angolo della chiesa di San Marco, e poi di fronte alla chiesa di San Giacomo di Rialto sopra una corta colonna di granito egiziano, alla cui sommità mette una scaletta sostenuta da una statua ricurva chiamata il Gobbo di Rialto, buona scultura di Pietro da Salò (1541)
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(1) Marin Sanudo. I Diari
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